lunedì 28 marzo 2011

Video Marco Travaglio - De Gennaro e la macelleria messicana - 03/08/2009

 
Il blitz alla scuola Diaz

"L’altra settimana abbiamo parlato di un processo che sta arrivando a conclusione in sede civile, quello per il risarcimento a De Benedetti, chiesto da De Benedetti alla Fininvest per lo scippo della Mondadori 19 anni fa. Questa settimana parliamo di un altro processo che si concluderà in primo grado probabilmente alla ripresa, a settembre, e è quello che riguarda il capo della struttura di coordinamento dei nostri servizi segreti, che adesso si chiama Dis, sapete che ogni tanto cambiano il nome, ossia Gianni De Gennaro, il quale è un grande poliziotto, che ha fatto carriera lavorando con Giovanni Falcone e poi lavorando con Giancarlo Caselli e è un eroe dell’antimafia, su questo non ci sono dubbi. Però su di lui pesano gravi sospetti per un depistaggio delle indagini sulle responsabilità dell’assalto della Polizia alla scuola Diaz il 21 luglio 2001, durante il G8 di Genova, quando furono pestati a sangue ben 93 ragazzi e ragazze che dormivano dopo il G8, dopo aver manifestato contro il G8.
Per Gianni De Gennaro la Procura di Genova ha chiesto due anni, perché accusato di avere istigato, abusando della sua autorità, l’allora Questore di Genova Francesco Colucci, a mentire al Tribunale di Genova nel processo principale per il massacro della Diaz e quindi il Pubblico Ministero, che è Enrico Zucca, ha chiesto di condannarlo non solo a due anni, ma anche di sospenderlo dai pubblici uffici. Mi avvalgo delle cronache di Erica Della Casa, de Il Corriere e di Vanda Valli di Repubblica, perché questo è un processo importante, in quanto è importante Gianni De Gennaro per la sua figura, per la sua storia, per il suo ruolo attuale, sta proprio al vertice del centro di coordinamento dei servizi segreti civili e militari. Per altro non va dimenticato che sono sotto processo i capi di entrambi i servizi segreti, civile e militare, fino a un paio di anni fa e cioè il generale Mario Mori, che è imputato a Palermo per favoreggiamento alla mafia per la mancata cattura di Provenzano nel 1996: ne abbiamo parlato, si tratta di quel processo che è nato dalle rivelazioni del Colonnello Riccio, a proposito della testimonianza di un pentito che, appena si stava per pentire, fu assassinato dalla mafia, a causa di una gravissima fuga di notizie istituzionale e poi è sotto processo il Generale Pollari; è sotto processo a Roma per i dossier compilati nell’ufficio riservato del suo analista, Pio Pompa, dove si spiavano giornalisti, magistrati, politici illegalmente e è imputato a Milano per complicità nel sequestro dell’egiziano Abu Omar, un imam a cui l’Italia aveva dato il diritto di asilo e poi fu prelevato da uomini della Cia e del nostro servizio segreto, il Sismi, e poi fu deportato praticamente a Aviano e poi a Francoforte e di lì in Egitto, dove fu torturato per sette mesi. Conseguentemente abbiamo tutti i vertici dei servizi segreti degli ultimi anni sotto processo per gravissimi reati: il primo dei processi che arriverà a conclusione è probabilmente quello a Gianni De Gennaro e la situazione, nel suo caso, è abbastanza complicata.
Secondo la ricostruzione dell’accusa che cosa succede? Succede che De Gennaro merita il massimo della pena, due anni, perché c’è il rito abbreviato e quindi c’è lo sconto di un terzo della pena, altrimenti gli anni sarebbero tre, il reato è appunto quello di induzione di un terzo alla falsa testimonianza con abuso della propria autorità. L’accusa è stata rintuzzata dall’avvocato Franco Coppi, che difende Gianni De Gennaro, un grande e famoso avvocato che ha difeso anche Andreotti e tanti altri imputati eccellenti, Coppi ha detto: “ci aspettavamo questa richiesta dei Pubblici Ministeri, respingiamo le loro conclusioni, per noi non c’è stata né falsa testimonianza né induzione di altri alla falsa testimonianza”. E proprio in questi giorni la difesa ha potuto esplicare le sue ragioni.
Secondo l’accusa invece che cosa è successo? Che nel maxiprocesso ai vertici della Polizia e agli agenti di Polizia per quel sanguinoso blitz alla scuola Diaz, quella che il vicequestore Fournier, sconvolto da quello che aveva visto, definirà una macelleria messicana, vengono intercettate alcune telefonate tra un certo Mortola e il Questore Colucci. Chi è Mortola? Mortola - ve lo spiego subito, vorrei essere molto preciso - è un funzionario della Polizia, Spartaco Mortola era il capo della Digos, i due parlano tra loro senza sapere di essere ascoltati e Colucci dice a Mortola: “il capo - cioè De Gennaro - mi ha detto di fare un po’ di marcia indietro, mi ha detto 'bisogna che aggiusti il tiro sulla stampa', devo fare un po’ di marcia indietro anche per dare una mano ai colleghi” e allora questo riferimento intercettato è molto importante perché, secondo la pubblica accusa, il capo è appunto De Gennaro, che avrebbe detto al questore Colucci di ammorbidire la sua posizione per salvare i vertici della Polizia e scaricare su qualche pesce piccolo le responsabilità di quel massacro e si parla di questa telefonata avvenuta la notte del massacro della Diaz, tra Colucci e un alto funzionario della Polizia, uno dei collaboratori più stretti di De Gennaro, che è il Dott. Sgalla. Durante le indagini il questore Colucci aveva detto che era stato De Gennaro a chiedergli di telefonare a Sgalla per sistemare le posizioni e poi, in aula, due anni fa il questore Colucci ha ritrattato, ha modificato, ha addolcito la sua versione, ha fatto un po’ di marcia indietro e ha detto: “no, fu una mia scelta autonoma, quella di parlare con Sgalla per dare il via a quell’addolcimento del ruolo dei capi, perché in realtà con De Gennaro non ne avevo parlato” e per queste dichiarazioni di ritrattazione Colucci è imputato con rito ordinario, quindi in un processo separato, per falsa testimonianza, mentre De Gennaro è appunto accusato di aver voluto alterare la verità.
Accertare o nascondere la verità

L’ex capo della Polizia, cioè Gianni De Gennaro, si difende dicendo che quel colloquio aveva come contenuto esattamente il contrario di quello che è stato inizialmente detto da Colucci, ossia che lui voleva accertare la verità e non nasconderla. Ma il Pubblico Ministero Zucca ha detto che non c’era alcuna buona volontà di trovare la verità: anzi, c’era la verità di occultarla, ha detto Zucca: “c’è stato un fronte compatto, dal piantone ai vertici della Polizia, in difesa dei colleghi imputati per le violenze alla Diaz, non c’è stata alcuna collaborazione e è avvenuto, anzi, il contrario: ci sono stati comportamenti omertosi” e poi, ha continuato Zucca: “la legge vale per tutti e, se due testimoni violano la legge mettendosi d’accordo su cosa dire durante un processo - beh, questo vale anche, ovviamente, per il capo della Polizia, non esistono Lodi Alfano, per fortuna, per i capi e gli ex capi della Polizia! - e quindi per quale motivo”, dice, “dovremmo credere a De Gennaro? Solo perché è De Gennaro, cioè solo perché ha i galloni del comando sulle spalle e sulla divisa?”, perché De Gennaro si sarebbe dovuto esporre fino al punto di modificare quel dettaglio, che in fondo la sentenza del Tribunale sulla Diaz ha poi definito irrilevante? Beh, i Pubblici Ministeri Zucca e Cardone Albini sostengono invece che, quando Colucci ha ammesso di aver parlato con De Gennaro dell’irruzione alla Diaz, si è saldato praticamente l’accordo tra loro per scaricare sui pesci piccoli la catena di comando, che invece arrivava fino a altissimi livelli.
Ci sono delle intercettazioni che dimostrerebbero la linea dell’accusa: state attenti a seguire, perché sembra complicato ma non lo è neanche poi tanto. Abbiamo Roberto Sgalla, che è questo alto funzionario di Polizia che sta a Genova, alla Diaz, nella notte dell’assalto della Polizia, Sgalla tiene i rapporti con la stampa, è uno strettissimo collaboratore di De Gennaro, viene sentito poche settimane dopo dagli inquirenti, dopo il blitz alla Diaz Francesco Colucci, il quale dice “mah, mi dissero di avvertire Sgalla di quello che era successo” e dopodiché cambia la prima volta versione il 3 maggio 2007 e, al processo per la Diaz, cade in contraddizione, balbetta, tentenna e alla fine si prende ogni responsabilità e dice “no, non è vero, non fu De Gennaro a dirmi di avvertire Sgalla di liberare i vertici della catena di comando dalle loro responsabilità, ma fu appunto una mia iniziativa personale e Sgalla lo chiamai io e quindi”, dice, “i vertici erano all’oscuro”. Quando è che arriva la svolta delle indagini? Ebbene, arriva quando si intercetta una serie di colloqui tra Colucci e Sgalla, tra l’ex Questore e appunto l’addetto stampa, uno dei bracci destri di De Gennaro.. scusate, alcuni colloqui vengono intercettati tra Colucci e Mortola, che è appunto l’ex capo della Diaz, i due parlano tra loro, sono intercettati perché uno dei due è sotto processo a proposito di quelle due molotov che furono introdotte dentro alla scuola dalla Polizia, per poter affermare che erano stati gli studenti, armati fino ai denti, in qualche modo a meritarsi quel blitz, in realtà erano disarmati, ma si era creata una scena del delitto portando dentro le famose due molotov. Conseguentemente i due Pubblici Ministeri ascoltano Colucci dire a Mortola: “il capo - cioè De Gennaro, l’abbiamo visto prima - mi ha detto di fare un po’ di marcia indietro, perché bisogna che io aggiusti il tiro sui rapporti con la stampa”, ma è molto più importante la telefonata che arriva subito dopo, perché? Perché quando Colucci e Mortola si risentono, dopo che Colucci è andato in aula al processo e ha scagionato De Gennaro, Colucci gli dice: “il capo - sempre De Gennaro - mi ha fatto i complimenti”, cioè sembrerebbe che gli avesse fatto i complimenti per il fatto che la sua testimonianza aveva scagionato i vertici della Polizia. E poi, sempre i Pubblici Ministeri, ricordano che c’è un’altra figura chiave: un certo Antonino Andreassi, che all’epoca era il numero due della Polizia, il vice di De Gennaro e che ha raccontato che a Genova in Polizia si decise, a un certo punto, di cambiare registro, tant’è vero che lui fu sostituito proprio in vista del vertice del G8 da un altro alto funzionario, Arnaldo La Barbera, che era direttore del Cesis e che poi purtroppo è scomparso.
Segnali dalle forze di Polizia

Questo è un po’ il quadro, il processo è aperto naturalmente a ogni soluzione: può essere che ci sia una condanna di De Gennaro, può essere che ci sia un’assoluzione, può essere che i giudici ritengano che le prove non siano sufficienti perché, come avete visto, è un processo indiziario basato su dichiarazioni, ritrattazioni, telefonate che potrebbero anche essere interpretate come ambigue. Resta comunque il fatto che nulla è stato fatto dagli organi di controllo per sospendere almeno queste persone che sono accusate di gravissimi reati. Mentre abbiamo visto silurare dai vertici della Polizia Gioacchino Genchi, che non ha fatto assolutamente niente di illegale o di male, semplicemente per dei sospetti lanciati da giornali e da politici molto interessati, noi qui abbiamo una bella dozzina, a dir poco, di alti e medi dirigenti e funzionari di Polizia che non solo non sono stati rimossi, ma sono stati tutti promossi, nonostante che su di loro pendano accuse gravissime: il che, in un Paese che è reduce dalla sentenza di primo grado del processo Aldrovandi, dove sono stati condannati i Poliziotti per aver ucciso a botte un giovane, in un Paese dove è appena uscita la sentenza sui pestaggi dei manifestanti contro il Tav a Venaus, in Valle di Susa, lì il giudice che ha prosciolto gli agenti non li ha prosciolti perché non avevano fatto niente: li ha prosciolti perché, purtroppo, erano coperti dai caschi e conseguentemente non si riesce a individuare la responsabilità delle singole persone proprio perché non erano coperti da passamontagna, erano coperti dai caschi e purtroppo i caschi non consentono l’identificazione, perché da anni si chiede di mettere un segnale identificativo, almeno un numero che corrisponda a un’identità e invece, purtroppo, questo non avviene e quindi, una volta con il casco, i poliziotti diventano tutti uguali e purtroppo ne fanno le spese i poliziotti onesti, che sono la stragrande maggioranza ma che, visto che non si riescono a distinguere da quelli che picchiano anche contro la legge, alla fine poi vengono sospettati tutti. Penso che la Polizia sia ancora un grande presidio di democrazia e di legalità, ma dovrebbe cominciare a dare dei segnali, a fare pulizia al suo interno e a non autorizzare mai nessuno a pensare che, con una divisa addosso e con un casco sulla testa, si possa fare di tutto, anche violare le leggi. La Polizia è incaricata e è pagata poco, purtroppo, per farle rispettare e non per violarle, le leggi.

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