Mediaset Uber Alles - 01/12/2008
trascrizione audio per utenti non udenti:
Buongiorno a tutti.
Ogni tanto c'è qualche illuminato pensatore che sostiene che la televisione in Italia non conta.
Che possedere televisioni, in fondo, è marginale. Che il Cavaliere le tiene così, perché ci è affezionato, ma in realtà non cambiano il corso delle cose e delle elezioni.
Sarà, però sono settimane che, mentre sulla politica italiana incombe una crisi terrificante o meglio dovrebbe incombere la crisi finanziaria come su tutte le altre classi politiche che stanno dedicandoci tutte le loro energie, la nostra classe politica sta concentrando le sue energie su temi televisivi.
La commissione parlamentare di vigilanza, le nomine che verranno fatte probabilmente dalla vigilanza e dalla maggioranza, con la collaborazione della solita quota di collaborazionisti dell'opposizione, entro Natale alla Rai.
E adesso la tassa su Sky.
E' veramente meraviglioso che, mentre tutto il mondo si sta dando da fare per rilanciare gli investimenti, per mettere in moto l'economia inceppata - poi che siano misure giuste o sbagliate lo vedremo - in Italia il nostro Presidente del Consiglio abbia trovato il modo di approfittare della crisi.
Di trasformare la crisi in un'occasione per spezzare le reni ai suoi concorrenti.
Voi sapete che è stato bloccato l'adeguamento del canone Rai all'inflazione, e questo può non essere un male vista la media dei programmi della Rai.
Il problema è che a deciderlo è il governo di Mediaset.
E poi, capolavoro, l'altro giorno è stata elevata dal 10% al 20%, cioè raddoppiata, l'IVA sulle Pay TV satellitari.
Dato che di Pay TV satellitari ce n'è sostanzialmente una, cioè quella di Murdoch - nel senso che è la sua piattaforma in abbonamento - il raddoppio dell'IVA dall'oggi al domani, per quanto non affami nessuno, mette ovviamente in difficoltà chi con la Pay TV ci campa.
Il che significherà aumento degli abbonamenti per Sky per quei quasi cinque milioni di abbonati che ci sono in Italia e significherà che Murdoch o si accollerà tutto l'aumento della tassa e così andrà praticamente a eliminare l'utile che riesce a fare, oppure la accollerà agli abbonati.
Se la accollerà agli abbonati aumenteranno gli abbonamenti, ci saranno persone che pagheranno di più oppure ci saranno persone che non pagheranno più l'abbonamento.
Stiamo parlando di quasi cinque milioni di persone, quindi di una bella fetta di Italia anche perché non sono cinque milioni di persone che vedono Sky: sono quasi cinque milioni che pagano l'abbonamento che poi vale per una famiglia di due, tre persone.
Io non lo so se sia giusto o meno quello che c'era prima, cioè l'IVA agevolata sulle Pay TV.
Non so quindi se sia giusto o non sia giusto il fatto di raddoppiarla e portarla al 20%.
Sicuramente è un dibattito ozioso, perché potrebbe essere giusto come non essere giusto in un altro Paese dove a decidere questo aumento è un governo che non possiede televisioni, invece noi abbiamo un Presidente del Consiglio che possiede televisioni che, guarda caso, sono le uniche che non pagano la crisi.
La crisi la paga la Rai col blocco del canone, la crisi la paga Sky col raddoppio dell'Iva.
L'unico che non paga mai niente è Mediaset, che Berlusconi possiede. E fosse il primo provvedimento favorevole a Mediaset uno potrebbe dire "vabbè, in quindici anni...".
No, è l'ennesimo provvedimento favorevole a Mediaset che gode di trattamenti privilegiati dal Parlamento da quando è nata, da trent'anni: dall'inizio degli anni Ottanta.
Si cominciò con i famosi decreti Berlusconi varati da Craxi per neutralizzare le ordinanze dei pretori che impedivano la trasmissione in interconnessione, cioè in contemporanea su tutte le reti regionali del network Italia 1, Rete4, Canale5.
Si proseguì con il secondo decreto Berlusconi quando il primo non fu convertito in legge. Era il periodo, tra l'altro, in cui le leggi Berlusconi si chiamavano così soltanto dal nome del beneficiario, adesso si chiamano così anche dal nome del loro autore: abbiamo completato l'opera, all'epoca l'autore era Craxi.
Abbiamo proseguito con la legge Mammì, che ha di fatto fotografato come una Polaroid il trust: quante televisioni ha Berlusconi? Tre? Perfetto: il limite antitrust è tre televisioni.
Poi abbiamo avuto la discesa in campo del Cavaliere quando Craxi e gli amici suoi non potevano più fargli le leggi e quindi ha deciso di farsele lui, personalmente, scrivendo direttamente a mano sulla Gazzetta Ufficiale.
Così siamo arrivati al 1994 quando fu varata la legge Tremonti che defiscalizzava gli utili reinvestiti.
Berlusconi e Fininvest fecero passare per utili reinvestiti, per nuovi investimenti, l'acquisto di film dall'America, che in realtà erano roba vecchia e non erano nulla di investimento reale, e poi si fecero da soli un'interpretazione che consentiva di fare questa operazione per risparmiare tasse.
E quando qualcuno lo fece notare loro risposero: "sì, ma la defiscalizzazione vale per tutte le aziende! Non possiamo mica penalizzare la nostra".
Fanno sempre così. E' come quando il figlio di un barone vince un concorso nella stessa università del barone, magari con una commissione esaminatrice presieduta dallo stesso padre barone.
Il padre barone intervistato dice: "eh ma mio figlio è bravo, non possiamo mica penalizzarlo per il cognome che ha!"
Prima fanno le cose ad personam e poi dicono: "va beh, ma non possiamo mica escludere proprio soltanto la nostra azienda!", dato che le leggi ad personam riguardano sempre una categoria nella quale è prevista la "personam" ma non solo quella.
Dopo la legge Tremonti, abbiamo scoperto oggi che "nel 1995 si decise di abbattere l'IVA per le Pay TV".
Già, ma in quel periodo Berlusconi possedeva ancora una quota di Pay TV: c'era Tele+ e Berlusconi si era liberato della quota di maggioranza perché la legge Mammì gli vietava di possedere più del 10% di Tele+.
E a chi aveva dato queste quote? Le aveva date a una serie di suoi prestanome a cominciare dall'immobiliarista Della Valle, nulla a che vedere con Della Valle Diego, quello della Fiorentina e delle Tods.
Quindi, se dicono così, vuol dire che si erano fatti una legge già all'epoca.
In realtà è difficile che quella legge l'avesse fatta Berlusconi, perché nel 1995 Berlusconi non governava più.
Governava Lamberto Dini, e il ministro delle Poste e delle comunicazioni, però, era l'avvocato Gambino, ex avvocato di Sindona che aveva anche tutelato gli interessi della Fininvest in una serie di cause.
Dopodiché abbiamo avuto, nel 1996, la quotazione in borsa di Mediaset. Poi si è scoperto che, secondo la procura di Milano, Mediaset in quel periodo già presentava bilanci falsi e presentò, quindi, prospetti falsi a proposito di certe sue società estere che sfuggivano al consolidato e che quindi fu quotata in borsa sulla base di un prospetto falso, anche se la Consob come al solito dormiva e il ministero del Tesoro pure.
Poi abbiamo avuto tutto lo scandalo televisivo con le ripetute sentenze della Corte Costituzionale che hanno imposto di mandare Rete4 sul satellite e che non sono mai state rispettate dal Parlamento, che non le ha mai tradotte in legge.
Anzi ha tradotto in legge continue proroghe per consentire a una rete abusiva di continuare a trasmettere sul terrestre anche senza la concessione: in proroga eterna.
Nel frattempo abbiamo avuto altri provvedimenti incredibili, come quelli sull'editoria scolastica che naturalmente va a vantaggio di Mondadori, che è di proprietà di Berlusconi anche se lui la controlla dal 1990 in virtù di una sentenza comprata da Previti con soldi della Fininvest estera.
Mondadori è leader anche, ovviamente, nell'editoria libraria scolastica.
Poi abbiamo avuto addirittura tre provvedimenti con cui si davano incentivi di Stato a chi comprava i decoder per il digitale terrestre - di Mediaset Premium ovviamente.
Decoder doppiamente in conflitto di interessi. Perché? Perché lo Stato aiutava i cittadini a comprare i decoder per dimostrare che tutta l'Italia era ormai illuminata dal digitale terrestre, mentre non era vero.
Lo Stato diceva: "comprateli che tanto ve ne paghiamo noi una bella quota" - "noi", poi, siamo sempre noi cittadini, lo Stato - e in più si è scoperto anche che una buona parte di quei decoder li produceva un'azienda di cui era azionista Paolo Berlusconi.
I soldi che uscivano dalle nostre tasche passavano dalle mani di Silvio e poi venivano girati, indirettamente, nelle mani del piccolo Paolo.
Regolarmente, qualunque cosa si faccia, c'è sempre Mediaset che ci guadagna e i concorrenti che ci rimettono.
Adesso, questo provvedimento che raddoppia l'IVA per Sky senza toccare minimamente Mediaset se non in minuscola parte, è stato perfettamente orchestrato.
Voi vedete come funziona bene il gioco di squadra fra Confalonieri e Berlusconi.
Confalonieri, presidente di Mediaset, fa emettere un comunicato da Mediaset il 28 novembre, quando ancora non si sa il dettaglio della manovra fiscale sulla Pay TV.
Il 28 novembre esce il comunicato di Mediaset che dice: "Apprendiamo con disappunto l'inserimento all'interno del decreto anticrisi approvato oggi dal Governo, di una norma che inasprisce l'Iva sulle attività di televisione a pagamento. In attesa di leggere nel dettaglio il provvedimento [...], esprimiamo fin da ora la nostra preoccupazione per il futuro di un'attività che Mediaset ha lanciato di recente e che in questo modo verrebbe fortemente penalizzata."
E' un capolavoro anche umoristico: qui è Mediaset che parla, ma potete mica pensare che abbia scritto Piersilvio una cosa del genere, è chiaro che c'è la vecchia volpe Confalonieri.
Nessun italiano sa ancora il dettaglio di questo provvedimento e già Mediaset si lamenta.
Si lamenta perché anche Mediaset, certamente, ha una presenza minuscola nel settore del mercato satellitare.
Il problema è che Mediaset, tramite la RTI, Reti Televisive Italiane, occupa il 5% del mercato televisivo satellitare. Sky, il 91%.
Allora vedete come sono bravi? Mediaset fa il pianto greco preventivo, in modo che il primo commento sulla legge che ammazza Sky è di Mediaset che dice: "è un danno per noi!".
Naturalmente, è un danno che vale 5 su 100. Sky ha un danno che vale 91 su 100!
Quindi, il costo per Mediaset è 5, il costo per Sky è 91.
Il costo per Mediaset è una caramella, il costo per Sky equivale esattamente agli utili che fa Sky.
Però il primo a lamentarsi è Mediaset, in modo che immediatamente l'opinione pubblica si rende conto che il governo sta penalizzando Mediaset.
Poi, quando i comuni mortali che non si chiamano Mediaset vengono a conoscenza del dettaglio del provvedimento del governo, comincia a protestare anche Sky.
E, naturalmente, a ragione - come abbiamo visto, dato che gli si sta segando il margine attivo annuale.
E' il "chiagni e fotti", il solito sistema berlusconiano del "chiagni e fotti". Mentre piange, fotte gli altri.
In questo caso, piange Confalonieri e Berlusconi fotte la concorrenza.
Questo è un ever green: Montanelli aveva definito Berlusconi il re del "chiagni e fotti". Quando piange stateci attenti: sta fregando qualcuno.
Qui ha fatto piangere Mediaset perché si notasse di meno il fatto che stavano dando una mazzata alla principale concorrenza, che naturalmente gli sta portando via un sacco di pubblicità.
Voi sapete che la pubblicità si sta trasferendo dalla televisione generalista alla televisione satellitare e a internet, e loro sulla satellitare sono molto deboli - come abbiamo visto - e su internet sono praticamente inesistenti.
Voi sapete che dato che internet è ambivalente, parli ma ti rimbalzano, quando questi provano ad andare su internet gli rimbalzano schizzi di sterco da tutte le parti!
Bisogna essere credibili per andare su internet, non si può mentire su internet con la stessa facilità con cui si mente davanti alla televisione dove il rimbalzo non c'è.
Quindi, su internet loro si sentono in difficoltà e infatti temono per la pubblicità che sta andando un po' verso il satellite e un po' verso internet.
La cosa bella è che, di fronte a tutto questo, l'opposizione non sa far altro che parlare di conflitto di interessi.
E' una cosa un po' triste e un po' comica allo stesso tempo sentir dire ancora questa parola. "Basta con il conflitto di interessi" detto da persone che sono lì da quindici anni e che hanno avuto sette anni di tempo, due volte al governo, per risolvere il conflitto di interessi o per farne uno scandalo mondiale.
Non hanno mai fatto niente, hanno sempre mercanteggiato il conflitto di interessi per un piatto di lenticchie quando addirittura non hanno costruito in casa propria il conflitto di interessi per pareggiare il conto con quello di Berlusconi invece di risolvere il suo, vedi i DS che scalavano una banca insieme all'Unipol.
E D'Alema che ancora ieri sera è andato da Crozza a dire che era un'ottima cosa scalare una banca, come se fosse compito di un partito impicciarsi in una contesa bancaria dove ci sono un concorrente estero e uno italiano che dovrebbero battersi ad armi pari.
Quindi non trovano di meglio che parlottare, borbottare, gorgogliare... "il conflitto di interessi, vergogna!". Sono giaculatorie, geremiadi che lasciano il tempo che trovano.
La stessa parola, conflitto di interessi, non è più spendibile, è logora, superata. Bisogna trovarne un'altra.
E l'unica parola che si può trovare, come scriveva il Prof. Zagrebelsky l'altro giorno, è proprio "regime".
"Regime" non vuol dire fascismo, vuol dire come viene comandato o governato un popolo quando la parola "democrazia" non va più bene.
E' un temine neutro, bisogna affiancare un aggettivo per definire il regime: abbiamo avuto il regime fascista, comunista, nazista, sudamericano, terzomondiale. In Italia abbiamo un nuovo tipo di regime, mediatico affaristico.
Naturalmente, le parole, se hanno un senso, devono poi essere accompagnate da gesti concreti.
E' chiaro che uno scandalo come quello che vediamo, un presidente del Consiglio che utilizza la crisi, le Istituzioni delle quali si è impossessato legalmente - formalmente è legale il suo essere a Palazzo Chigi - per farsi gli affari suoi, le vendette private, danneggiare la concorrenza e avvantaggiare Mediaset che sta andando malissimo in borsa, come Beppe Grillo ha anche ricordato quando ha proposto paradossalmente l'OPA su Mediaset, è uno scandalo che va denunciato a livello internazionale e va sottolineato con atti concreti.
Non si può continuare a stare insieme a Berlusconi e agli altri in commissione di vigilanza, prepararsi a spartirsi le direzioni delle reti e dei telegiornali, e nello stesso tempo denunciare quello che sta succedendo.
Per denunciare efficacemente una cosa del genere ci vogliono gesti eclatanti.
Il primo, ma mi sembra il minimo, una norma igienica di base, è quello di disertare la commissione di vigilanza.
Intanto perché la commissione parlamentare di vigilanza non deve esistere, è una bestemmia.
Quando io racconto ai miei colleghi delle televisioni straniere che vengono in Italia a intervistarmi che c'è la commissione parlamentare di vigilanza quelli mi guardano e mi dicono: "ma come... da noi sono le televisioni che vigilano sul governo e sul Parlamento, come potete voi consentire che sia il Parlamento che vigila sulla televisione?".
Quindi, sbaraccare questo ente inutile e, dato che c'è e oggi le opposizioni sono in minoranza e non lo possono affossare, disertarlo per delegittimarlo.
C'è un presidente che è una specie di fantoccio, di spaventapasseri preso da Berlusconi fra una delle Quinte Colonne che gentilmente le opposizioni gli mettono sempre a disposizione.
Villari, detto Vinavillari nel fan club che è nato in suo onore su Facebook.
Questo Vinavillari è un eroe italiano, un personaggio da film di Alberto Sordi.
Uno del PD eletto dal centrodestra, contro il volere del PD che l'ha espulso e adesso non si sa più bene a chi risponda. Ogni tanto telefona a Mastella, cioè risponde a uno che non sta in Parlamento.
Lasciassero il signor Villari con tutti i suoi mandanti in commissione di vigilanza a cantarsele e a suonarsele.
Pensate, una bella vigilanza dove i vari epuratori e i vari fascistelli che ogni venerdì attaccano Annozero e ogni lunedì la Gabanelli, fascistelli trasversali.
Restino lì tra di loro, a fare pollaio, con il loro Villari, privi di qualunque legittimità perché l'altra metà, il centrosinistra, è andato via.
Chiudessero questi signori lì dentro, nel loro pollaio, li lasciassero parlottare.
E' chiaro che senza un'opposizione la vigilanza non conterebbe più niente, non avrebbe più nessuna autorevolezza e probabilmente, come le nomine della Rai che non devono essere fatte da nessun partito - e quindi bisognerebbe modificare la legge Gasparri sbaraccandola, come aveva tentato di fare il referendum poi purtroppo dichiarato impossibile dalla Corte di Cassazione per l'annullamento di molte firme.
Sbaraccare la vigilanza ma, in attesa di poterlo fare, delegittimare questa vigilanza finché al momento delle nomine intervenga il Capo dello Stato - se esiste ancora un capo dello Stato - e dica: "signori, non si può andare avanti in questa situazione".
Perché finora è evidente che in questi primi sei mesi il regime non solo si è scelto l'opposizione che ha preferito, non solo adesso pretende anche di dire al Partito Democratico con chi si deve alleare e con chi no.
Non solo si è scelto il presidente della vigilanza in un sistema dove sempre si era stabilito che la vigilanza spettasse all'opposizione.
Non solo sta devastando gli interessi economici, sul mercato non più libero, dei concorrenti Rai e Sky e addirittura di La7: Berlusconi e i suoi invitano a sabotare Maurizio Crozza e Crozza Italia su La7 danneggiando programmi della concorrenza.
Addirittura adesso il capo di Mediaset, non contento di avere tagliato i fondi a Sky e Rai, si accinge a fare da solo le nomine per le direzioni dei telegiornali e delle reti.
Voi direte: "non c'è bisogno di cambiarli, quelli sono a disposizione in permanenza, cambiano colore anche senza aver bisogno di cambiare persona".
Questo è verissimo, infatti ieri sera credo che invece di illuminare lo scandalo del quale stiamo parlando, di quello che non si può più nemmeno chiamare conflitto di interessi perché è qualcosa di più mostruoso, il TG1 ha dedicato un ampio servizio ai campionati italiani di Yoyo.
Questi sì che sono sport da sottolineare.
Mi veniva in mente, per concludere questa nostra chiacchierata, quello che scriveva Montanelli, profeticamente, già nel 1994.
Era uno dei pochi, su La Voce, a parlare di regime non appena Berlusconi si insediò.
Pochi mesi dopo che Berlusconi si insediò, non appena mise le mani sulla Rai, nominando Letizia Moratti, che comunque era incommensurabilmente meglio della classe dirigente che adesso esibisce il popolo del centrodestra.
Montanelli già lucidamente capì che quando il controllori nominano i controllati e quando i controllati sono pappa e ciccia con i controllori, e quando la concorrenza non c'è più perché l'azienda A si occupa anche dell'azienda B, sua concorrente, è un po' come se la Fiat potesse nominare i vertici della Toyota.
Bene, io mi sono segnato, e ho riportato in un articolo che ho fatto su Micromega dedicato ai lecchini di regime in questi primi sei mesi, le parole di Montanelli.
Scriveva, Indro Montanelli, il 20 settembre 1994 e l'11 ottobre 1994 due articoli memorabili che potrebbero essere pubblicati oggi senza problemi, tali e quali.
“Anche stavolta proprio di lottizzazione si è trattato. Eseguita in piena autonomia, certo, come in piena autonomia spara il killer, visto che la pistola è la sua, e suo il dito che preme il grilletto.
Anche gli aguzzini di Auschwitz sceglievano autonomamente i disgraziati ebrei da infornare. Qualcuno dirà che è quanto si faceva anche nella Prima Repubblica. È vero. Ma la seconda è nata per correggere i difetti della Prima, non per perpetuarli, aggravati. Perché nella prima le lottizzazioni erano confesse, anzi quasi istituzionalizzate da un famoso manuale, il Cencelli, che ne dettava le regole.
Il Potere attuale lancia il sasso e nasconde la mano procedendo per delega, cioè lottizzando i lottizzatori. I quali dicono di agire in piena libertà, e hanno ragione perché è in piena libertà che hanno scelto di eseguire gli ordini del padrone e il modo di farlo.
Anche lo sciuscià Emilio Fede lustra in piena, e anzi voluttuosa, libertà gli stivali del Cavaliere. Servire, diceva Renard, è il verbo che si presta alla più ricca gamma di modulazioni”.
"Eppure - osservava Montanelli - bastava lasciare al loro posto i lottizzati della precedente infornata. Avrebbero provveduto essi stessi a convertirsi ai nuovi padroni del vapore: “Lottizzati si nasce, non si diventa.
Chi lo era ieri (...), lo sarebbe rimasto con la “squadra” [di Berlusconi, ndr]. Quella della Rai non è stata la strage degl’innocenti. È stata la strage degli innocui. A riprova che nessun mestiere si può improvvisare. Anche quello dell’epuratore, come quello del boia, esige il suo tirocinio”.
E poi si lanciava in una previsione che è quella che vorrei lasciarvi perché ci riflettiate:
“Dobbiamo prepararci a presentare le nostre scuse a Emilio Fede. L’abbiamo sempre dipinto come un leccapiedi, anzi come l’archetipo di questa giullaresca fauna, con l’aggravante del gaudio.
Spesso i leccapiedi, dopo aver leccato, e quando il padrone non li vede, fanno la faccia schifata e diventano malmostosi. Fede, no.
Assolta la bisogna, ne sorride e se ne estasia, da oco giulivo. Ma temo che di qui a un po’ dovremo ricrederci sul suo conto, rimpiangere i suoi interventi e additarli a modello di obiettività e di moderazione.
Ce lo fanno presagire certe trasmissioni radiofoniche e televisive (...) della Rai - pensate, era nel 1994... avesse visto e sentito cosa fanno alla radio e in televisione oggi - , che non ha nemmeno aspettato l’insediamento dei nuovi boss per adeguarsi al clima di ‘tutto va bene, madama la Marchesa’. - l'ottimismo di cui parla il Cavaliere - Di cui essi devono essersi fatti garanti”.
“Oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’Inverno.
Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra di essi, sovrana e irresistibile, la televisione. (...)
Non ci meraviglieremmo se nella corsa alla piaggeria i nuovi officianti della Rai batteranno quelli della Fininvest: come sempre i conversi superano, nello zelo, i veterani.
Ma quale che sia l’esito di questo confronto, è scontato il risultato: il sudario di conformismo e di menzogne che, senza bisogno di ricorso a leggi speciali, calerà su questo Paese riducendolo sempre più a una telenovela di borgatari e avviandolo a un risveglio in cui siamo ben contenti di sapere che non faremo in tempo a trovarci coinvolti”.
E infatti, purtroppo, Montanelli se n'è andato nel 2001 ma, per sua fortuna, non ha potuto vedere il nostro Paese ridotto a una "telenovela di borgatari".
Noi, invece, ci siamo in questa telenovela di borgatari, ci apprestiamo a celebrare il centenario della nascita del grande Montanelli e, nel frattempo, per evitare di diventare borgatari anche noi, passiamo parola
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